Votazione popolare del 28 novembre 2021
SÌ all’iniziativa sulle cure infermieristiche
Le infermiere e gli infermieri fanno un lavoro essenziale, che però viene svolto spesso in condizioni estenuanti e con una retribuzione non all’altezza delle responsabilità che si devono assumere. Il risultato: moltissimi abbandonano la professione prima del pensionamento. Non per nulla oggi in Svizzera mancano circa 10’000 infermiere/i. Inoltre, gli abbandoni causano un aumento dei costi, dato che bisogna formare nuovo personale. L’iniziativa propone una soluzione a queste condizioni di lavoro inaccettabili e, dando più responsabilità agli infermieri (che potranno fatturare certe prestazioni senza bisogno della prescrizione di un medico) potrebbe aiutare a contenere i costi della salute. Il controprogetto, nonostante entri in funzione ad effetto immediato, resta comunque incompleto in quanto non tocca in alcun modo il tema centrale delle condizioni di lavoro, che è alla base del problema.
NO all’Iniziativa sulla giustizia
Attualmente i giudici del Tribunale Federale vengono eletti dal Parlamento. La preoccupazione è che i partiti esercitino pressione sui giudici, dato che questi dipendono dalla loro elezione e rielezione (ogni 6 anni). Per questo gli iniziativisti propongono che dei tecnici selezionino i candidati in base alle loro competenze e che poi venga fatto un sorteggio per decidere chi siede in tribunale.
Comprendiamo le preoccupazioni, ma siamo contrari al sorteggio, che è poco democratico e non garantisce che i nostri giudici rispecchino i valori della popolazione. Il sistema attuale è criticabile, ma ha il pregio di portare nei tribunali giudici che rappresentano, a livello di valori, la popolazione. Il tiraggio a sorte invece potrebbe creare un tribunale con giudici con la stessa visione del mondo. Infine, il gruppo di “tecnici” è anch’esso composto da esseri umani con delle convinzioni politiche e una certa visione del mondo. Non è dunque garantito che la loro scelta dei candidati sia completamente imparziale.
Questa votazione ci ha divisi e per questo lasciamo la libertà di voto. Di seguito riassunte le due voci principali con i pareri che si sono raccolti durante l’assemblea.
I favorevoli sottolineano l’importanza di dare fiducia alle autorità, il successo che l’attuale sistema ha dimostrato nella gestione della pandemia e il fatto che, se paragonate a quelle di altri paesi, le misure anti-COVID in Svizzera sono state relativamente leggere. È inoltre importante assicurare che le misure di sostegno economico non vengano a cadere in quanto avrebbero un grande effetto negativo dell’economia e popolazione svizzera. Da ultimo, se il referendum venisse accolto, cadrebbe il quadro legale per l’esistenza dei certificati COVID, che non potrebbero più essere emessi: questo porterà ad una serie di chiusure e restrizioni, nonché grossi problemi negli spostamenti internazionali.
I contrari contestano solo un aspetto della modifica: l’estensione dell’obbligo del certificato COVID dopo marzo. Una parte importante della popolazione (grossomodo attorno al 20–30%) non ha intenzione di vaccinarsi, e questo è un fatto. Mantenerli per uno o più anni in una situazione di “cittadini di serie B”, con l’obbligo di fare un tampone a pagamento per accedere a scuole superiori, ristoranti, teatri, cinema, cultura, svago eccetera è inaccettabile. Queste persone sono i nostri genitori, amici e parenti e attualmente si sentono emarginate nel loro stesso paese. Se la discriminazione era giustificabile all’inizio della pandemia, essa lo è sempre di meno ora che il 64% della popolazione è completamente vaccinato. I contrari non contestano l’esistenza del certificato COVID, ma la sua obbligatorietà per accedere agli spazi pubblici all’interno del paese. Anche se questa modifica venisse bocciata, il Consiglio Federale e il Parlamento avrebbero tempo fino in marzo per assicurare che il certificato sia ancora disponibile per viaggiare e che gli aiuti economici, se necessario, siano ancora in piedi. Infine, dire no alla modifica è anche un modo per togliere il peso della pandemia dalle spalle dei giovani, che sono i meno toccati, ma sono quelli che si sono visti privare di più cose.