Economia, imposte e finanze pubbliche

Liberalismo economico, attrattività e responsabilità

In linea di massima, il mercato è capace di risolvere problemi e soddisfare bisogni nel modo più rapido e efficiente possibile. Tuttavia, il liberalismo economico non deve diventare un dogma.

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Economia

In linea di massima, il mercato è capace di risolvere problemi e soddisfare bisogni nel modo più rapido e efficiente possibile. Per questo è importante cercare di imporre all’economia solo i vincoli strettamente necessari e non pensare a priori all’intervento statale, ma lasciare margine di manovra a imprenditori e commercianti. Ciò è importante anche per lottare contro l’indebitamento crescente degli enti pubblici. Lasciare libertà ai mercati permette di contenere le spese statali.

Tuttavia, il liberalismo economico non deve diventare un dogma: ci sono dei mercati che non funzionano e in questo caso la regolamentazione o il sostegno statale è giustificato, purché sia proporzionato al problema. Per riassumere il nostro credo: meno Stato possibile, ma tanto Stato quanto necessario.

Finanze pubbliche

Come regola generale, Cantoni e Comuni non dovrebbero spendere più di quanto guadagnano, perché fare il contrario significa accumulare debiti sulle spalle dei giovani, del tipo “noi spendiamo e poi ci penseranno gli altri”, il che è inaccettabile. Sul corto periodo è però sensato rimanere flessibili: nei periodi di crescita economica bisognerebbe risparmiare, mentre in quelli di crisi anche un certo deficit è accettabile. Si tratta di una politica economica “anticiclica”.

Se il debito pubblico pro capite dei Comuni ticinesi è leggermente diminuito, quello del Cantone è triplicato in 25 anni, il che non va per niente bene.

Il Cantone deve impegnarsi per ritornare a bilanci positivi e diminuire l’indebitamento. Per farlo bisogna intervenire sull’aumento delle entrate e sulla diminuzione delle spese. Per quanto riguarda l’aumento delle entrate, attualmente non vediamo troppo di buon occhio ulteriori diminuzioni della tassazione in particolare sui redditi più alti e sugli utili, dato che tali tasse continuano a diminuire da decenni e temiamo che ulteriori abbassamenti vadano a scapito di tutti (“race down to the bottom”). Per quanto riguarda la diminuzione delle spese, prioritaria è la diminuzione dei costi amministrativi, mentre contribuzioni sociali e educazione non devono subire tagli.

Fiscalità

Le imposte devono essere abbastanza basse da non fiaccare l’economia e incentivare il lavoro, ma anche abbastanza alte da finanziare i servizi pubblici necessari. Ci preoccupa la tendenza intercantonale e internazionale ad abbassare sempre più i tassi di imposizione, in particolare per le persone più facoltose, per le aziende e per i capitali.

Se da un lato le diminuzioni delle imposte spingono i paesi a diventare più attrattivi e i governi a non sperperare il denaro dei contribuenti, dall’altro se si esagera c’è il rischio che a un certo punto nessuno abbia più i soldi per finanziare servizi pubblici, la lotta al cambiamento climatico, il sistema pensionistico o quello sociale. Visto l’indebitamento esplosivo e i costi crescenti legati al cambiamento climatico e all’invecchiamento della popolazione, abbiamo la sensazione che si abbia esagerato. Diventa dunque sempre più urgente introdurre dei tassi di imposizione minimi internazionali, come si è appena fatto per gli utili aziendali.

Infine, siamo a favore a imposte e tasse incentivanti (ossia che incentivano comportamenti virtuosi), ma anche per la modernizzazione e la semplificazione del sistema fiscale.

Misurare il benessere

Essere liberali significa guardare solo al PIL? Niente affatto. Il PIL ci parla della produzione, ma non ci dice niente su un sacco di altre cose. Ecco perché basarsi solo su di esso è problematico. Per misurare il benessere della società proponiamo di usare l’indicatore dell’”economia della ciambella”, che abbiamo presentato in questo evento e che tiene conto della produzione, ma anche per esempio di indicatori ambientali e della felicità.